Spingere l’orizzonte Un po’ più in là

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18 agosto 2013 di Scira

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Sono finite le giornate di Castiglioncello al Castello Pasquini. Per l’esattezza quattordici giorni, 2 di insediamento, 5 di laboratorio sceno – tecno – filosofico, 2 di montaggio e chiamate, 3 di spettacolo, 1 di smontaggio, 1 di valigie e partenze.
Abbiamo provato a raccontare le cose che succedevano lì giorno per giorno, gli incontri, il lavoro, le sfide e poi lo spettacolo, il pubblico e la festa, ma oggi proveremo a raccogliere i fili di queste giornate per annodare i segni lasciati sugli aghi di pino.
La residenza al Castello Pasquini nasce dal desiderio di Cà di vivere, almeno una volta all’anno, una full immersion lavorativa in un luogo altro, in una casa che accolga tutti (siamo arrivati ad essere in venti) maestri e allievi, professionisti e amici, giovani e âgée, obbligando ciascuno a rivedere le proprie abitudini, a fare i conti tra spazio personale e collettivo, a curarsi degli altri allo stesso modo in cui ci si cura di sé. Una palestra comunitaria che mette alla prova, che può saldare o sfasciare rapporti, un training fatto di gesti quotidiani che ti permette di capire chi sono quelli con cui lavori, di che pasta sono fatti, che ti suggerisce piano, come in un orecchio, se ti puoi fidare per affrontare il pubblico, verso cui si va tutti insieme. Solo se la comunità é salda può trasmettere agli altri il senso del suo stare lì che è insieme poetico e politico

Il vasino, forse, chiude il ciclo della cacca aperto dal Ca’cabaret. Un teatro che occupa gli spazi all’aperto con una scena ispirata al teatro viaggiante ma che non lascia niente all’improvvisazione né al caso: il tendone da circo, il vasino costruito con la tecnica dei gonfiabili, l’osteria volante in cui si serve il fritto misto sono una maniera di ricostruire un rapporto tra teatro e pubblico, un modo per andare a cercare quelli che al teatro non ci pensano nemmeno o ci pensano come a una cosa noiosa e difficile per poi sorprenderli con la cura dell’accoglienza, con la qualità dello spettacolo, con la bellezza dell’allestimento. In questo modo Cà diventa uno strano oggetto in cui teatro e strada creano un corto circuito virtuoso, che spiazza il pubblico e lo tocca in profondità. Ma è su quel pubblico che vedi meglio l’effetto di un teatro che nasce dal bisogno di far stare bene la gente, capace di curare con un’emozione semplice e consolatoria, anche se mai scontata e banale, di produrre una forma di catarsi infantile, dove l’infanzia non è un’età anagrafica ma uno stato dell’anima. Non a caso è stata scelta la merda come topos.

‘Io credo di sapere che,
in fondo ad ogni viaggio un fiore c’è
che mi fa ridere e mi fa dire che
cadere e sporcarsi e rialzarsi
perdersi gridare ritrovarsi
è così che fa, la felicità’

Questi i versi che chiudono lo spettacolo, cantati dalla brava Francesca Grisenti, che dopo aver sostenuto per un’ora un personaggio ai limiti dell’idiozia cresce e trova, finalmente, il suo fiore. Un messaggio che commuove grandi e piccoli, che emoziona e scuote, inaspettato e, forse proprio per questo, prezioso.

Dopo lo spettacolo, la festa, colorata, rituale, di rinascita, quasi archetipica. I due signori che ballano nella foto, sono un berlinese e una parigina che si sono fermati fino alla fine in quella che loro chiamavano la festa italian gipsy. Erano stupiti che il comune o un teatro non avesse pagato Cá per fare tutto ciò: avevano riconosciuto il teatro di qualità e non potevano concepire che tutto ciò non avesse alcun sostegno economico. Dietro le marionette, l’idiota, il vasino e il fritto misto è emersa forte la capacità di svolgere una funzione pubblica, educativa e maieutica, un’operazione complessa che punta a spingere l’orizzonte un po’ più in là, a rendere il mondo un posto un po’ meno di merda e in un anno, da quando abbiamo iniziato a raccontare Cà su questo blog, di fiori ne sono stati colti. Sarebbe bello, ora, raccogliere le storie di questi fiori…

1 thoughts on “Spingere l’orizzonte Un po’ più in là

  1. Simona Gollini ha detto:

    Un saluto caloroso a tutti. E’ stato un piacere stare in vostra compagnia e condividere il tempo del cibo del mare e del lavoro. Ascoltare i racconti di Maurizio e la storia della compagnia è stato molto bello e nutriente. Partecipare ai vostri progetti mi ha fatto sentire parte del gruppo. Grazie della bella esperienza. Un abbraccio Simona Gollini

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